Newsletter - Maggio 2015
LO STRANO CASO DEL RIFIUTO DI REGISTRAZIONE PRONUNCIATO NEI CONFRONTI DEL MARCHIO “IO MI DIFENDO”
Come è noto, tra i requisiti di registrabilità di un marchio è compresa anche la liceità, nel senso che non è possibile ottenere la registrazione di un marchio che consista in un’espressione verbale e/o in un’immagine che risultino contrarie alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, secondo quanto espressamente stabilito dall’art. 14, comma 1, lett. a) del Codice di Proprietà Industriale.
A partire da un simile presupposto è interessante riferire della vicenda che ha riguardato una domanda di registrazione di marchio presentata nel febbraio del 2006 in relazione all’espressione “Io mi difendo” abbinata all’immagine di un uomo che impugna una pistola nell’atto di sparare o di accingersi a farlo.
Si comprende facilmente che l’intenzione del proprietario di tale domanda di registrazione era quella di ottenere un esclusiva su quello che doveva essere un segnale o un cartello dal chiaro valore deterrente, destinato ad essere apposto sull’esterno delle abitazioni private per informare eventuali malintenzionati della determinazione dei rispettivi proprietari di difendersi anche tramite l’uso delle armi.
Ebbene, nel marzo del 2009 la suddetta domanda di registrazione fu respinta da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) con la motivazione che il segno “Io mi difendo”, associato all’anzidetta relativa grafica, risultava effettivamente contrario all’ordine pubblico, in quanto sostanzialmente configurabile come l’espressione di una volontà, quella di farsi giustizia da sé nei confronti degli anzidetti malintenzionati, che non risulta compatibile con i principi generali dell’ordinamento italiano.
Contro l’anzidetto rifiuto di registrazione il titolare dell’anzidetta domanda di registrazione presentò un ricorso di fronte alla “Commissione dei Ricorsi contro i provvedimento dell’UIBM”, sostenendo che la posa in opera dell’anzidetto cartello “Io mi difendo” sull’esterno di molte abitazioni aveva effettivamente fatto diminuire di molto il numero delle intrusioni e dei furti e che il suo utilizzo non poteva essere considerato contrario all’ordine pubblico, anche in ragione di questa sua comprovata efficacia “sociale”.
In aggiunta a quanto sopra, il medesimo titolare sostenne, da un lato, che il segno “Io mi difendo” doveva essere considerato sostanzialmente equivalente ad un classico avviso di “Attenti al cane” e, dall’altro, che il segno medesimo, una volta apposto sull’esterno di un’abitazione, si configurava di fatto alla stregua di uno strumento di legittima difesa, ancorché preventiva, senza generare dunque alcuna interferenza con i principi posti a tutela dell’ordine pubblico.
Pur tuttavia l’anzidetta Commissione dei Ricorsi non esitò, con una decisione del marzo del 2013, a rigettare il ricorso presentato dall’anzidetto proprietario del marchio “Io mi difendo”, ribadendo l’inidoneità di tale marchio ad essere ammesso alla registrazione.
Una simile decisione ebbe a fondamento le seguenti testuali argomentazioni: “Il proprietario del marchio non percepisce adeguatamente il diritto/dovere di affiggere cartelli e ne fa un analogismo con quelli che indicano la presenza di cani da guardia all’interno delle abitazioni. Sennonché questi ultimi hanno lo scopo di avvertire di tale presenza al fine di evitare, assieme ad altre cautele, danni a seguito di aggressioni del cane a qualunque individuo. Mentre il marchio richiesto rappresenta tutt’altra specie di avvertimento che certamente non si deve ritenere lecito alla luce della riformata norma sulla legittima difesa. Ed invero, se concesso, il marchio in questione creerebbe il problema di evitare che l’apposizione del cartello “Io mi difendo” faccia pensare al potenziale ladro che sia un suo diritto affrontare la situazione che si presenterebbe qualora si trovasse dinanzi il padrone di casa armato. In questa situazione delle due l’una: o il padrone di casa detiene effettivamente un’arma, ed allora l’eventuale ladro si trova nella condizione di dover fronteggiare una situazione contemplata, oppure non sussistono gli estremi e nell’abitazione non vi sono armi e allora vi sono ragioni sufficienti per considerare ingannevole l’uso del segno “Io mi difendo” accompagnato dall’immagine di un uomo armato. Resta poi il fatto che appare di per sé contrario all’ordine pubblico un cartello con un individuo con una pistola pronta a sparare; si ricorda infatti che nel nostro ordinamento la difesa dei cittadini, salvo situazioni eccezionali, è riservata agli organi di Polizia”.
Su tali basi è plausibile ritenere che l’ideatore dell’anzidetto cartello “Io mi difendo”, pur avendo dovuto prendere atto della riferita decisione sfavorevole, abbia comunque continuato a produrre e a vendere il cartello medesimo, nella consapevolezza di non avere però alcun titolo per impedire ad eventuali concorrenti di fare altrettanto.