Newsletter - Aprile 2015
Il gruppo Hermes è risultato, recentemente, soccombere in due cause amministrative, che detto gruppo aveva promosso di fronte all’Ufficio Brevetti e Marchi cinese, e con le quali chiedeva la cancellazione del marchio cinese (爱玛仕) ritenuto troppo simile al proprio da un punto di vista fonetico.
Hermes ha registrato il suo nome, redatto in caratteri occidentali, e il suo logo in Cina nel 1977, ma non ha mai registrato il suo nome in ideogrammi cinesi. Nel 1995 un’azienda di abbigliamento cinese, la Dafeng Garment Factory, ha ottenuto la registrazione del suo marchio (爱玛仕).
Nel 1997 Hermes ha presentato per la prima volta una denuncia, ipotizzando una violazione del suo marchio, redatto in caratteri occidentali, da parte della Dafeng. In quella circostanza la Hermes poneva l’accento sul fatto che la pronuncia in cinese (''Ai Ma Shi'') del nome Hermes coincideva con quella del marchio cinese (爱玛仕) della Dafeng.
L’organo giudicante ha rigettato la richiesta di cancellazione di Hermes, confermando la validità della registrazione del marchio della Dafeng.
Nel 2009 Hermes ha presentato appello contro la decisione della commissione ad essa sfavorevole, invocando, in tale circostanza, la grande notorietà in tutto il mondo del marchio Hermes.
La Commissione ha confermato, per la seconda volta, la validità del marchio cinese (爱玛仕) della Dafeng, senza tenere conto della dichiarata rinomanza del marchio Hermes, anche in considerazione del fatto che la Hermes non è stata in grado di dimostrare l’uso del proprio marchio in Cina, in versione traslitterata, prima della domanda di domanda di registrazione della controparte.
La Hermes non è la sola azienda straniera ad aver avuto problemi di questo tipo in Cina. Anche il leggendario giocatore di pallacanestro, Michael Jordan, ha recentemente promosso una causa contro una ditta cinese produttrice di articoli sportivi, contraddistinti dal suo nome senza autorizzazione. L'azienda infatti si chiama Qiaodan (che in cinese si legge ciao-dan), proprio come viene abitualmente chiamato dai cinesi il campione.
E’ bene ricordare che i consumatori cinesi pronunciano i marchi stranieri alla “cinese” e che non esiste una traduzione univoca di un fonema occidentale.
E’, dunque, necessario, tutte le volte che si affronta l’esportazione in Cina di prodotti contraddistinti da un marchio verbale, depositare innanzitutto detto marchio nella sua versione occidentale; sarebbe però anche opportuno prendere in considerazione un contemporaneo deposito nella sua declinazione traslitterata, tenendo presente quale sarebbe il suono della sua pronuncia in lingua “cinese”.